di Massimo Marciano

Pino De Rosa (foto di Luciano Sciurba)

Non passava certo inosservato, Pino De Rosa. Un po’ per la sua mole imponente, che strideva con la sua indole bonaria e “pacioccona”. Un po’ per la sua propensione alla battuta, talvolta anche “dissacrante”, quando la sua sferzata risuonava nella sala della conferenza stampa anche nei luoghi più “ufficiali”. Ma soprattutto perché dovunque ci fosse una notizia, lui c’era, con taccuino e fotocamera. Non riuscivi a capire come mai, ma a qualunque ora lui era tra i primissimi a saperlo e ad accorrere sul posto. E conosceva il suo “territorio di caccia”, i Castelli Romani, come le sue tasche.

Era la stoffa del cronista di razza. Un po’ segugio e un po’ “rompiballe”, come deve essere il reporter “Doc”. Era Pino. Ora non sarà mai più così. Se n’è andato, a pochi giorni dai suoi 48 anni. Maledettamente pochi. Pochi come nessuno meglio della sua cara moglie e del suo amato figlioletto può sapere.

Un “gigante buono”, un lottatore. Fino alla fine. Fino a quel dannatissimo male che l’ha prostrato ma non abbattuto. Mi emoziona ancora il ricordo della sua stretta di mano al termine del suo matrimonio: non aveva la forza delle strette di mano del Pino degli anni migliori, ma lo sguardo che ti bucava l’anima era sempre quello, fiero, di sempre, anche tra le pieghe di un volto che non poteva nascondere la sofferenza.

Quella di Pino è una delle migliaia di storie di cronisti di provincia Non “grandi firme”, non gli onori dei salotti tv o dei premi giornalistici, ma l’ “Università della Cronaca”: la strada. Una strada che Pino aggrediva tutti i maledetti giorni, a tulle le ore, con il suo motorino, per correre a scattare una foto, a raccogliere una notizia, per portare a casa quei pochi euro che, messi uno sull’altro, notizia su notizia, foto su foto, ti permettono di mantenere la tua famiglia. Non la comodità di una scrivania, magari in una grande redazione che ti dà la fama, ma la strada, l’orecchio teso, il fiuto della notizia, come il segugio che sa di dovere correre sempre per cacciare e portare un boccone ai suoi figli.

E’ la vita del freelance, Pino, tu lo sai. E da qualche parte, forse, sei tornato in sella al tuo motorino, a correre ad ogni ora del giorno e della notte, perché tutti sappiano, perché possano formarsi un’opinione. Come te, moltissimi. Ma uguale a te, nessuno.

Pino De Rosa, una vita da cronista
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