Il quesito di L.:
Salve, collaboro come giornalista (non iscritta all’Albo dato il carattere saltuario dell’attività) e redattrice di testi con riviste nazionali, istituzioni concertistiche, lirico-sinfoniche, case editrici.
Ultimamente mi capita che le mie prestazioni vengano retribuite non dietro contratto, bensì mediante una nota spese recante l’indicazione “Compenso per la cessione di diritti d’autore”, cui segue un bonifico di accredito sul mio conto bancario.
Quanto mi tutela (o quanto mi nuoce, anche in futuro) questa tipologia di collaborazione? Grazie.
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La risposta di Massimo Marciano:
Cara L.,
la formula della cessione del diritto d’autore è spesso usata per le collaborazioni giornalistiche, anche se il campo di applicabilità di questa fattispecie è individuato dalla legge nelle opere dell’ingegno, intese come elaborazioni originali dell’autore e non propriamente pertinenti il carattere di elaborazione e di critica tipico del lavoro giornalistico.
Di solito la cessione del diritto d’autore è utilizzata dai committenti per evitare di pagare i contributi previdenzziali alla Gestione separata Inps, in quanto non previsti dalla legge. Per i giornalisti, invece, dal 2001 i contributi alla Gestione separata si pagano anche con il diritto d’autore (come puoi leggere qui), contrariamente a quanto sostengono parecchi committenti, sempre per evitare di pagare i contributi posti a loro carico (ovvero il 2% sul corrispettivo lordo di ogni prestazione).
Ad ogni modo, sia per i giornalisti sia per coloro che non lo sono, la cessione del diritto d’autore presenta un vantaggio e delle insidie.
Il vantaggio è dato dal fatto che la legge riconosce al lavoratore una deduzione forfetaria del 25% sull’imponibile lordo ai fini fiscali, giustificata come compensazione delle spese sostenute.
Una prima insidia è data dal fatto che la cessione del diritto d’autore deve risultare, per legge, da un contratto che specifichi per quale tipollogia di opere dell’ingegno è ceduto il diritto. In mancanza di un contratto oppure per la redazione di articoli giornalistici, nel caso di un controllo fiscale si renderebbe necessario dimostrare quindi la validità, a termini di legge, della cessione in quanto riferita a opere dell’ingegno che, come visto sopra, rappresentano una fattispecie nella quale l’Agenzia delle Entrate potrebbe ritenere non rientranti articoli nei quali la funzione di analisi e di critica del giornalista prevale.
Una seconda insidia è data dal fatto che il mancato pagamento dei contributi alla Gestione separata Inps o il versamento di quelli alla Gestione separata Inpgi posti a carico del giornalista, in misura rapportata al 10% solo sull’imponibile fiscale (escluso quindi il 25% di deduzione forfetaria) e non sul 100% del compenso corrisposto, non darà luogo ad un importo pensionistico adeguato, quando sarà il momento di interrompere l’attività lavorativa. Quindi nessuna pensione o un assegno vitalizio ancora più basso di quanto già si prevede siano basse le future pensioni.
Terza insidia, ed è questa la più immediata di tutte nel verificarsi, è la possibilità che, una volta pagata la cessione del diritto d’autore, il committente ritenga di sua proprietà l’articolo ceduto e quindi possa ripubblicarlo e/o rivenderlo senza corrispondere nulla all’autore. Oppure, in caso di grandi gruppi editoriali, può essere acquistato il diritto d’autore da una testata minore del gruppo, che paga compensi più bassi, e l’articolo può essere ripubblicato su testate più grandi, senza neanche l’identificazione dell’autore.